Nel periodo tra ottobre e novembre in quasi tutte le famiglie si rinnova il rito annuale della raccolta delle olive nel Salento. Tutti hanno un piccolo appezzamento di terreno con alberi secolari, magari piantati dai nonni dei nostri nonni e non rinunciano alla possibilità di farsi il proprio personalissimo olio. Naturalmente ciò scatena una battaglia tra famiglie che si gioca sulla quantità prodotta, sull’acidità più o meno alta (una bassa acidità è sinonimo di olio di qualità) e su blend più o meno artigianali di olive ogliarole e celline (le due varietà più diffuse).
Le olive generalmente si raccattano da terra man mano che cadono oppure si fanno cadere dall’albero di ulivo scuotendo i rami, in dialetto salentino, ‘scotulare le ulie’ . Se invece si battono i rami con una canna per far cadere le olive o se si raccolgono con le mani si dice ‘spuricare’.
Quindi posizionati dei teli in plastica intorno agli alberi, le olive vengono staccate con le mani o con scuotitori e pettinatrici. Successivamente le olive vengono messe nel setaccio per separarle dalle foglie e portate in frantoio per la molitura. Dopo qualche giorno ci sarà il verdetto finale, olio extravergine, olio vergine o decisamente lampante? Non fa niente, in fondo si tratta di un prodotto ottenuto senza trattamenti chimici per cui è sicuramente migliore di molti olii in commercio.
Quando ero piccolo le olive erano ancora raccolte rigorosamente da terra. Lla raccolta era affidata alle donne che si disponevano in cerchio e raccoglievano le olive con le mani ponendole nei panari (panieri). Era un lavoro estremamente lungo e faticoso che durava dall’alba al tramonto e si interrompeva a mezzogiorno, il tempo necessario di consumare un pezzo di pane casereccio, accompagnato da olive in salamoia o peperoni o cicorie selvatiche. Gli uomini si occupavano dei lavori che richiedevano maggiore forza ovvero di trasportare i panieri in ceste più grandi ed infine trasportarle al frantoio.
Anche noi bambini partecipavamo alla raccolta anche se spesso e volentieri facevamo lunghe pause per arrampicarci sugli alberi e riuscire a scorgere il mare all’orizzonte o andavamo in esplorazione dei furnieddrhi in pietra. Eravamo anche addetti alla raccolta di piante selvatiche spontanee come cicorielle, sivoni, paparine, lampasciuni, ma anche rusciuli (corbezzoli) e altri frutti.